Il distretto di Solukhumbu è situato nella zona nord-est del Nepal e si estende fino al monte Everest. Terra abitata dalle popolazioni Sherpa

Il distretto di Solukhumbu è situato nella zona nord-est del Nepal e si estende fino al monte Everest. Terra abitata dalle popolazioni Sherpa (popolo dell’est), seguaci di un buddismo vicino      all’antica religione Bon, improntata sullo sciamanismo e  sui riti magici. In ogni villaggio è importante la figura dello sciamano, chiamato Dhami o Jhankri, guaritore e mediatore tra spiriti e individui, fondamentale per gli affari sociali e sanitari della comunità.
Il percorso iniziatico dello sciamano può realizzarsi per trasmissione ereditaria, attraverso l’insegnamento o la chiamata degli spiriti.  Quest’ultima è rappresentata nella tradizione con il rapimento del giovane prescelto da parte del Ban Jhakri, uno spirito della foresta metà umano e metà animale. L’apprendistato sciamanico richiede molto tempo e durante questa fase lo studente impara a esplorare i livelli di esistenza personale, a scoprire gli spiriti, apprendere i mantra, i canti sciamanici, i ritmi del tamburo, i balli, la mitologia e le tecniche di guarigione.
La tradizione sciamanica, le sue ritualizzazioni e i suoi simboli, sembrano intrecciarsi con la rappresentazione delle danze durante la festa buddista del “Mani Rimdu”. Durante le danze, che si svolgono nel monastero di Chiwong, i monaci incarnano la divinità che rappresentano per sconfiggere i demoni. La valenza terapeutica e catartica è rappresentata in entrambi i riti attraverso movimenti, danza e musica, con la vibrazione elevata del tamburo nel rito sciamanico e l’uso di trombe, tamburi, cembali nella festa buddista.
Il Nepal è una terra di forte spiritualità, che unisce e fonde varie religioni e credenze, tramandate dalle numerose etnie che la popolano.                                                                                                        Il progetto fotografico mette in evidenza alcune similitudini fra due differenti ritualizzazioni, presenti in uno specifico territorio e divenute entrambe parte integrante della cultura sherpa.

di Francesca Romana Guarnaschelli e Flavia Cortonicchi

 

Solukhumbu Tra Sciamanismo e Buddismo

Solukhumbu Tra Sciamanismo e Buddismo

Tra Sciamanismo e Buddismo

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Tra Sciamanismo e Buddismo

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Il distretto di Solukhumbu è situato nella zona nord-est del Nepal e si estende fino al monte Everest. Terra abitata dalle popolazioni Sherpa

Tra Sciamanismo e Buddismo

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Tra Sciamanismo e Buddismo

Tra Sciamanismo e Buddismo

Tra Sciamanismo e Buddismo

Tra Sciamanismo e Buddismo

 

All’interno del campo antropologico la fotografia attiene essenzialmente alla pratica e ai suoi diversi aspetti dell’attività umana, sia essa individuale o collettiva, dove l’atto fotografico è sempre una modalità d’acquisizione della realtà che si basa su una presenza umana e materica.
I due aspetti, ovvero il complesso delle azioni – gesti, movimenti e rappresentazione dei suoni – e la dimensione materiale degli oggetti, sono perfettamente integrati nelle immagini realizzate da Francesca Romana Guarnaschelli e Flavia Cortonicchi a seguito di una permanenza, non fuggevole, in Nepal per osservare da vicino gli Jhākri (parola nepalese per sciamano), e documentare, con un approccio empatico, che è quello tipico dell’osservazione partecipata, i riti sciamanici nei villaggi della Valle del Khumbu.
In questa zona, l’isolamento dell’Himalaya dovuto ad un ambiente montagnoso fatto di cime elevate e valli isolate, ha prodotto diverse concezioni di sciamanismo e una diffusione di oggetti rituali. Alla base d’ogni rappresentazione religiosa o rituale, c’è sempre l’utilizzo di attrezzi, materiali e strumenti che denotano, con chiarezza, i valori fondamentali della pratica in atto, e che hanno un forte potere di attrazione.
Il contatto con le potenze invisibili è sempre assicurato dalla presenza dello sciamano che si serve però d’utensili, spesso costruiti da lui stesso, che sono fondamentali proprio perché agiscono da simboli utili a predisporre e a mettere nelle condizioni di agire coloro che partecipano al rito, spesso con perdita di coscienza o vera e propria trance ipnotica.
In uno dei primi incontri a Kharikhola, uno Jhākri è rappresentato, in un doppio ritratto accanto alla moglie, circondato da oggetti rituali che mostra con fierezza. Questi simboli magici-propiziatori s’integrano con la figura stessa dello sciamano, in un’immagine ricca di dettagli figurativi e ornamentali. In un secondo incontro, nel villaggio di Chaurikharka, uno Jhākri è ripreso da diversi punti di vista e con posture diverse, ma tutte molto descrittive dell’universo simbolico che circonda la figura dello sciamano. L’abito da cerimonia, una lunga tunica bianca di cotone, svasata alla base per poter danzare comodamente nei rituali è contornato da amuleti, conchiglie e campanelli utili a ritmare la danza. Al collo una collana di semi di Rudraksha, con forti poteri curativi, il capo coperto da un tessuto rosso ornato da piume e nelle mani l’immancabile dhyāngro, tamburo a cornice con doppia membrana e impugnatura, strumento fondamentale per entrare in contatto con il grande sciamano primordiale ed esserne posseduto per iniziare il rituale. Altro oggetto che appare in diversi rituali di divinazione e di guarigione, è il phurba. Coltello che presenta spesso, nel manico, la stessa forma dell’impugnatura del dhyāngro, e che il Jhākri, durante la danza, punta verso luoghi o cose che potrebbero avere una presenza malefica.
La dimensione materiale degli oggetti, quali i costumi colorati, i tamburi, i campanelli e soprattutto le maschere s’integra perfettamente con la presenza umana, soprattutto attraverso le danze celebrative. Questa osmosi è evidente nelle immagini realizzate nel monastero di Chiwong, situato nel distretto di Solukhumbu, durante il Mani Rimdu; festa Sherpa che celebra la vittoria del buddismo sulle altre religioni. Nei tre giorni di danza in maschera e di sfilate colorate, i monaci buddisti si vestono simbolicamente da demoni per poi essere convertiti in Protettori del Dharma e dimostrare come le forze del bene hanno avuto il sopravvento su quelle del male.

TESTO CRITICO di Massimo Cutrupi

Massimo Cutrupi, fotografo professionista, docente, specializzato in
fotografia umanista, antropologica e di documentazione in ambito sociale.
Attualmente si occupa della ricerca storica e studio della critica
fotografica.